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- Investimenti BNS in fossili superano emissioni annuali dell'intera Svizzera.
- Nel 2020, oltre 1 miliardo di franchi in azioni ExxonMobil.
- Solo lo 0,1% degli investimenti fossili BNS è stato interessato da misure.
- Strategia BNS causa aumento temperature globali di 4-6 gradi.
- Petizione nel 2021 con 14.000 firme per disinvestimento dai fossili.
Investimenti nel mirino: il ruolo della Bns e le pressioni climatiche
La Banca Nazionale Svizzera (BNS) si trova oggi a fronteggiare una crescente ondata di critiche riguardanti l’impatto ambientale dei propri investimenti. L’istituto, custode della stabilità finanziaria elvetica, è chiamato a bilanciare la propria missione primaria con le esigenze di una transizione ecologica sempre più impellente. Il dibattito si focalizza principalmente sulla composizione del portafoglio della BNS, che include partecipazioni in società operanti nel settore dei combustibili fossili, alimentando così il paradosso di un ente pubblico che, indirettamente, contribuisce al riscaldamento globale.
Le critiche non provengono solo da attivisti ambientali e organizzazioni non governative, ma anche da una parte crescente dell’opinione pubblica e da investitori che adottano criteri di responsabilità sociale e ambientale (Environmental, Social, and Governance – Esg). Questi ultimi, sempre più numerosi, esercitano una pressione crescente affinché la BNS adotti politiche di investimento più sostenibili, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima.
Al centro del contendere vi è, quindi, l’ammontare degli investimenti della BNS in aziende attive nel settore degli idrocarburi. Le cifre, rese note da diverse fonti, parlano di svariati miliardi di franchi svizzeri investiti in colossi petroliferi e carboniferi, una pratica che stride con l’impegno dichiarato della Svizzera verso la decarbonizzazione dell’economia. In particolare, nel 2020, la BNS deteneva oltre un miliardo di franchi svizzeri in azioni della sola ExxonMobil.
Le organizzazioni ambientaliste hanno calcolato che le emissioni di gas serra generate dagli investimenti azionari della BNS superano quelle prodotte annualmente dall’intera Svizzera, un dato che evidenzia la portata del problema e la necessità di un cambio di rotta. La BNS, dal canto suo, ha sempre ribadito che la politica climatica non rientra tra i suoi compiti primari, privilegiando la stabilità dei prezzi e la gestione delle riserve valutarie. Tuttavia, questa posizione è sempre meno sostenibile di fronte all’urgenza climatica e alle crescenti pressioni esterne.
La discussione è diventata sempre più accesa negli ultimi anni, con manifestazioni di piazza, petizioni popolari e interrogazioni parlamentari volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e a spingere la BNS ad adottare misure concrete per ridurre l’impatto climatico dei propri investimenti. Ad esempio, nel 2021, una petizione firmata da 14.000 persone è stata consegnata alla BNS, chiedendo l’immediato disinvestimento dai combustibili fossili.
L’istituto ha aderito al Network for Greening the Financial System (Ngfs), una rete di banche centrali e autorità di vigilanza impegnate nella promozione della finanza sostenibile. Tuttavia, questa adesione non ha comportato, al momento, un cambiamento significativo nella politica di investimento della BNS, suscitando ulteriori critiche da parte degli attivisti e degli investitori responsabili.
Strategie attuali e critiche mosse all’operato della banca
Di fronte alle crescenti contestazioni, la Banca Nazionale Svizzera ha intrapreso alcune azioni volte a mitigare, almeno in parte, le critiche ricevute. L’adesione al Ngfs rappresenta un segnale di attenzione verso le tematiche ambientali, così come la decisione di escludere dal proprio portafoglio le aziende che operano principalmente nel settore dell’estrazione del carbone.
Tuttavia, queste misure sono state giudicate insufficienti da gran parte degli osservatori, che le considerano un mero esercizio di “greenwashing“. Le associazioni ambientaliste e gli investitori Esg continuano a puntare il dito contro la BNS, accusandola di non affrontare il problema alla radice e di perpetuare un modello di investimento che contribuisce al riscaldamento globale.
Secondo un rapporto stilato dall’organizzazione “Artisans de la Transition”, la strategia di investimento attuale della BNS sarebbe responsabile di un aumento delle temperature globali compreso tra i 4 e i 6 gradi Celsius entro la fine del secolo. Questo scenario, catastrofico, renderebbe ampie zone del pianeta inabitabili e causerebbe danni incalcolabili all’ambiente e alla società.
Nel dicembre del 2020, la banca ha annunciato l’esclusione dal proprio portafoglio delle aziende che gestiscono principalmente miniere di carbone. Tale decisione, sebbene positiva, è stata considerata un passo troppo timido, considerando che solo una minima parte (circa lo 0,1%) degli investimenti in combustibili fossili della BNS è stata interessata da questa misura.
Le critiche si concentrano anche sulla mancanza di trasparenza della BNS riguardo ai propri investimenti. Nonostante le ripetute richieste da parte di attivisti e giornalisti, l’istituto ha sempre mantenuto un certo riserbo sulla composizione dettagliata del proprio portafoglio, rendendo difficile valutare l’effettivo impatto ambientale dei propri investimenti.
Le organizzazioni non governative chiedono alla BNS di adottare una politica di disinvestimento graduale dai combustibili fossili, seguendo l’esempio di altre banche centrali e fondi sovrani che hanno già intrapreso questa strada. Inoltre, sollecitano l’istituto a investire in modo massiccio nelle energie rinnovabili e nelle tecnologie verdi, contribuendo così alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

L’integrazione degli obiettivi climatici nelle politiche delle banche centrali: un dibattito aperto
La questione se le banche centrali debbano o meno includere obiettivi climatici all’interno delle proprie politiche monetarie e di investimento è oggetto di un vivace dibattito a livello internazionale. Da un lato, vi è chi sostiene che le banche centrali, in quanto istituzioni responsabili della stabilità finanziaria, debbano tenere conto dei rischi derivanti dal cambiamento climatico, che possono avere conseguenze significative sull’economia globale.
Questi rischi si dividono principalmente in due categorie: i rischi fisici, legati agli eventi meteorologici estremi e ai cambiamenti ambientali, e i rischi di transizione, connessi alle politiche di decarbonizzazione e alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Entrambi questi tipi di rischio possono avere un impatto negativo sulla redditività delle imprese, sulla solvibilità dei debitori e, in ultima analisi, sulla stabilità del sistema finanziario.
Dall’altro lato, vi è chi obietta che l’integrazione di obiettivi climatici rischierebbe di compromettere l’indipendenza delle banche centrali e di distrarle dalla loro missione primaria: mantenere la stabilità dei prezzi. Inoltre, si sottolinea come le banche centrali non dispongano della legittimità democratica necessaria per prendere decisioni di politica climatica, che dovrebbero invece essere di competenza dei governi e dei parlamenti.
Nonostante queste obiezioni, un numero crescente di banche centrali sta iniziando a esplorare il ruolo che possono svolgere nella lotta contro il cambiamento climatico. Alcune, come la Banca d’Inghilterra e la Banca Centrale Europea, hanno già adottato misure concrete per integrare i rischi climatici nella propria attività di vigilanza e di gestione delle riserve. Altre, come la Banca di Francia, si sono impegnate a disinvestire dai combustibili fossili entro un certo termine.
La Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri), l’organizzazione che coordina le attività delle banche centrali di tutto il mondo, ha recentemente pubblicato diversi studi che evidenziano i rischi finanziari legati al cambiamento climatico e sollecitano le banche centrali ad adottare misure per mitigarli. In particolare, la Bri ha sottolineato l’importanza di integrare i rischi climatici nei modelli di valutazione del rischio e di promuovere la trasparenza e la divulgazione delle informazioni ambientali da parte delle imprese.
Verso un futuro sostenibile: il ruolo chiave della Banca Nazionale Svizzera
La Banca Nazionale Svizzera si trova, quindi, a un bivio. Da un lato, può continuare a difendere il proprio ruolo tradizionale di garante della stabilità finanziaria, senza farsi eccessivamente influenzare dalle pressioni ambientali. Dall’altro, può scegliere di abbracciare un ruolo più attivo nella lotta contro il cambiamento climatico, diventando un motore della transizione verso un’economia sostenibile.
La scelta non è facile e comporta dei rischi. Tuttavia, è sempre più evidente che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia sistemica per l’economia globale e che le banche centrali non possono rimanere indifferenti di fronte a questa sfida. La BNS, in particolare, ha la responsabilità di agire in modo coerente con gli impegni assunti dalla Svizzera a livello internazionale in materia di clima.
Le opzioni a disposizione della BNS sono molteplici. Potrebbe, ad esempio, adottare una politica di disinvestimento graduale dai combustibili fossili, reinvestendo i proventi in energie rinnovabili e tecnologie verdi. Potrebbe esercitare il proprio diritto di voto nelle assemblee generali delle società partecipate, sollecitando pratiche aziendali più sostenibili. Potrebbe integrare i rischi climatici nei propri modelli di valutazione del rischio, incentivando le imprese ad adottare comportamenti più virtuosi.
Qualunque sia la strada che sceglierà di intraprendere, la BNS dovrà agire in modo trasparente e responsabile, rendicontando periodicamente i progressi compiuti e coinvolgendo attivamente la società civile nel processo decisionale. Solo così potrà riconquistare la fiducia dell’opinione pubblica e contribuire a costruire un futuro più sostenibile per la Svizzera e per il mondo intero.
Cosa significa tutto questo per te? In parole semplici, le banche centrali come la BNS stanno iniziando a capire che il clima e la finanza sono indissolubilmente legati. Una strategia bancaria di base potrebbe consistere nell’offrire prestiti agevolati a imprese che investono in energia pulita. Ma una mossa avanzata sarebbe quella di integrare i rischi climatici nei modelli di valutazione del credito, favorendo così le aziende virtuose e penalizzando quelle inquinanti. Rifletti: il futuro del nostro sistema finanziario dipende dalla nostra capacità di adattarci e innovare di fronte alla crisi climatica.